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Il Grafene più lo pieghi e più diventa soffice

RICERCA
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Una nuova ricerca condotta da ingegneri dell’Università dell’Illinois e condotta dal prof. van del Zande combina la sperimentazione su scala atomica con la mondializzazione computerizzata per determinare quanta energia è necessaria per piegare il grafene multistrato, una domanda che si sono posti gli scienziati da quando il grafene è stato isolato per la prima volta. I risultati sono riportati sulla rivista Nature Materials.

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Figura 1. a Modello matematico. b Multilayer di grafene posizionato su diversi strati atomici di BN. c-i Immagine al microsocopio elettronico dell’evoluzione di diversi layer di grafene quando è depositato su diversi piani atomici di BN. 

Riferimento dell’immagine: DOI: 10.1038/s41563-019-0529-7

Il grafene – un singolo strato di atomi di carbonio disposto in un reticolo a nido d’ape – è considerato uno degli ingredienti chiave delle future tecnologie.

La maggior parte delle ricerche attuali sul grafene si rivolge allo sviluppo di dispositivi elettronici su nanoscala. Tuttavia, i ricercatori affermano che molte tecnologie richiedono una comprensione della meccanica del grafene, in particolare di come si flette e si piega.

La proprietà di flessione è una delle caratteristiche meccaniche fondamentali di un materiale. Ad oggi, dopo quasi due decenni dalla sua scoperta, non sono ancora state trovate le risposte sulle proprietà meccaniche del grafene e sulla sua sofficità.

il team ha scoperto che il grafene si comporta in modo diverso nelle due situazioni estreme nel quale o viene piegato troppo o troppo poco. Quando il grafene multistrato viene piegato poco, si comporta come un piano rigido, mentre quando viene piegato molto, si comporta come una risma di carta in cui gli strati atomici possono scorrere uno accanto all’altro.

L’esperimento è stato eseguito realizzando una struttura a gradini su scala atomica, costituita da strati atomici di nitruro di boro esagonale (BN), anche esso materiale 2D (Figura 1a-b). Successivamente il grafene è stato posizionato sopra e mediante un raggio ionico focalizzato ne è stata  sezionata una fetta.

Infine, attraverso l’uso di un microscopio elettronico l’immagine della sezione a livello atomico è stata misurata (Figura 1c-i). Con questa misura, il gruppo guidato dal prof. vader Zande è stato in grado di osservare ogni strato di grafene sui diversi gradini di BN.

Il team ha trovato così un modello per spiegare la relazione tra lo spessore del grafene e i suoi diversi gradi di flessione. Lo studio ha portato ad un controllo sistematico di quanto è possibile piegare il grafene e come cambia la sua proprietà di flessione in funzione del substrato, osservando una transizione dal regime di rigidità a quello di flessibilità.

In questa semplice struttura è coinvolta la forza di adesione, cioè l’attrazione degli atomi verso la superficie che cerca di trattenere il grafene sulla superficie. Più rigido è il material sottostante, più il grafene tenterà di detrarsi, così resistendo alla forza dell’adesione.

Questa scoperta può avere interessanti ripercussioni verso la creazione di dispositivi sufficientemente piccoli e flessibili in grado di interagire con cellule o altro materiale biologico.

Infatti, poiché le cellule possono cambiare forma in risposta al loro ambiente, la realizzazione di micro-robot in questo ambito, necessita di sistemi elettronici in grado di cambiare la loro forma e di conseguenza essere anche soffici.

Il team ha dimostrato che il grafene può essere diversi ordini di grandezza più morbido di altri materiali convenzionali dello stesso spessore.

Maggiori informazioni: Edmund Han et a. Ultrasoft slip-mediated bending in few-layer graphene. Nature Materials, 2019; DOI: 10.1038/s41563-019-0529-7

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